TRAGEDIE IN MONTAGNA - RIMOZIONE DEL RISCHIO
L'alpinismo, attività che racchiude la sfida e la conquista, piange ancora la perdita di quattro esperti alpinisti, vittime di due tragici incidenti avvenuti a poche settimane di distanza. Questi eventi, che si aggiungono a una lunga serie, ci ricordano quanto la montagna possa essere tanto affascinante quanto implacabile e quanto sia sottile il confine tra la passione e il pericolo.
Luca Perazzini e Cristian Gualdi: esperti scalatori di Santarcangelo di Romagna
Il Gran Sasso, una montagna che conoscevano bene, è stata fatale per Luca Perazzini e Cristian Gualdi, due amici di Santarcangelo di Romagna uniti dalla passione per l'alpinismo. Scalatori esperti, con un curriculum che include ascensioni prestigiose come il Monte Bianco e il Monte Rosa, sono stati traditi da un improvviso cambiamento delle condizioni meteorologiche. Una tragica ironia del destino per alpinisti tanto preparati, che avevano sempre messo la prudenza al primo posto.
Paolo Bellazzi e Cristian Mauri: la Grignetta fatale
Anche Paolo Bellazzi e Cristian Mauri, esperti conoscitori della Grignetta, hanno perso la vita a causa di una tempesta di vento e neve. La Grigna Meridionale, conosciuta più comunemente come la Grignetta, con i suoi 2.184 metri sul livello del mare, è una delle montagne più importanti della provincia di Lecco. Bellazzi e Mauri, entrambi 49enni, originari di Vimercate e Cambiago, lavoravano insieme nella stessa azienda della Brianza. La montagna, che pensavano di poter dominare, ha mostrato il suo volto più crudele, spezzando le loro vite e lasciando un vuoto incolmabile nelle loro famiglie e nella comunità alpinistica
Il rischio e la sua rimozione: un meccanismo di difesa pericoloso
Queste tragedie, purtroppo non uniche, ci pongono di fronte a una realtà dura: la montagna è imprevedibile, e il pericolo è sempre in agguato. L'esperienza e la preparazione, pur fondamentali, non sono garanzie di sicurezza. Troppo spesso, negli sport estremi, si innesca un meccanismo di difesa psicologica noto come “rimozione del rischio”. Si tende a pensare che gli incidenti accadano solo ad altri, che la sfortuna non possa colpire chi è preparato. Si sviluppa una sorta di “onnipotenza mentale” che porta a sottovalutare i pericoli oggettivi. Ma la montagna non fa sconti, e questa rimozione del rischio può trasformarsi in tragedia.
La montagna non perdona
La montagna è un ambiente affascinante, ma anche ostile e imprevedibile. Le condizioni meteorologiche possono cambiare rapidamente, il terreno può rivelarsi insidioso, e anche un piccolo errore può avere conseguenze tragiche. È fondamentale affrontare le sfide alpinistiche con umiltà, preparazione e consapevolezza dei rischi. La passione non deve mai farci dimenticare la prudenza.
La Montagna: Un Amore Pericoloso
La montagna, con la sua maestosità silente e le sfide che impone, esercita un fascino irresistibile su molti. Ma questa passione, se non accompagnata da una profonda consapevolezza dei rischi, può trasformarsi in un abbraccio fatale.
Nel 1991, durante un'ascensione sul Piz Ciavazes, anch'io mi sono trovato faccia a faccia con la fragilità della vita in montagna. Mentre mi apprestavo ad affrontare una via di otto tiri tra il V e il VI grado, un volo di 40 metri ha interrotto la mia scalata. Un incidente che ha lasciato segni profondi, sia fisici che psicologici.
Ripensando a quei giorni, ricordo che una serie di tragedie aveva scosso la comunità alpinistica. Eppure, nonostante ciò, in me persisteva una sorta di "onnipotenza mentale", un convincimento che "tanto a me non succederà". Un meccanismo di difesa, certo, ma anche un'illusione pericolosa.
La montagna, però, non fa sconti. Il mio incidente, con le costole incrinate, la ferita alla mano e la frattura alla gamba, è stata una lezione brutale. Sono sopravvissuto, è vero, ma avrei potuto non esserci più.
La montagna mi ha insegnato umiltà e rispetto. Ho imparato che la preparazione, l'esperienza e la conoscenza dei luoghi sono fondamentali, ma non bastano. Le condizioni meteorologiche possono cambiare in fretta, un piccolo errore può avere conseguenze fatali.
La mia storia, come quella di tanti altri alpinisti, ci ricorda che la montagna è un ambiente meraviglioso, ma anche insidioso. Ogni incidente, ogni tragedia, deve essere un monito per tutti noi.
Solo attraverso la consapevolezza dei rischi, la prudenza e l'umiltà possiamo onorare la memoria di chi ha perso la vita e rendere la montagna un luogo più sicuro per tutti.
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